CAPITOLO ROSSO

NAVI IN VISTA!

Un sommesso ma impellente battere alla porta della cabina tirò giù dal suo sonno senza sogni il capitano Horatio Nelson.
"Che c'è?" disse, di colpo lucido. Solo il suo attendente Tom Allen poteva permettersi di venirlo a svegliare nel cuore della notte, e solo per motivi validi. "La c'è che ci sono navi in vista, ecco che c'è, signore!" disse Tom con la larga e strascicata pronuncia del Norfolk.
Nelson saltò giù dalla cuccetta e al buio, cercando a tentoni, trovò i pantaloni, poi la giacca. "Arrivo".
Un momento dopo spalancò la porta e a passi veloci e leggeri piombò nel mondo della sua nave, il vascello di Sua Maestà britannica da 64 cannoni Agamennon. Mentre scalava a tre a tre i gradini della scaletta che portava al casseretto, tutto attorno a lui si presentò a rapporto: nave in rotta verso sud, dissero sull'attenti le ombre che la luna lanciava sui ponti; vento a dieci nodi da nord una quarta est, riferì l'aria che accarezzava la barba non fatta; 21 ottobre 1793, ricordò la lavagnetta vicino alla ruota del timone su cui venivano aggiornati a ogni guardia i dati di bordo.
"Cosa c'è, signor Andrews?" Il comandante in seconda era sul ponte e gli spiegò la situazione: "Abbiamo avvistato cinque navi appena a poppavia del traverso, signore, in rotta verso nord ovest una quarta ovest. Non siamo riusciti a identificarle".
Un convoglio francese, pensò subito Nelson ma le parole che pronuncio furono solo: "Potrebbero essere napoletane o sarde" e intanto tirava fuori il suo cannocchiale e cercava di individuare sull'orizzonte le navi sconosciute.
La luna piena galleggiava alta nel cielo a sud, vicino ad Aldebaran, e spandeva la sua luce biancastra su quel vasto tratto di Mediterraneo a ovest della Corsica e della Sardegna su cui l'Agamennon stava navigando in quella notte tranquilla. Le vele di gabbia delle cinque navi erano illuminate in pieno e spiccavano nitide sull'orizzonte verso nord ovest, sopravvento all'Agamennon, piccoli rettangolini più chiari sullo sfondo del cielo.
"Come mai le vedette non le hanno avvistate prima?" mormorò tra sé Nelson. "Seguono una rotta quasi parallela alla nostra, ci devono essere passate ben vicine!" proseguì senza rivolgersi a nessuno in particolare e staccando il cannocchiale dall'occhio: ah, ecco! Il cielo era ancora mezzo coperto di nubi! Evidentemente la luna aveva fatto capolino solo da poco, e solo quando era apparsa gli uomini di guardia avevano potuto scoprire quelle presenze.
Le navi misteriose stavano risalendo di bolina, con mure a dritta e rotta a nord ovest; l'Agamennon, che invece stava dirigendo verso sud, navigava col vento in poppa e si stava rapidamente allontanando. Non dovevano essere molto lontane per essere visibili anche dal ponte: tre miglia o forse quattro, all'incirca.
"Signor Andrews, andiamo a vedere chi sono. Accostiamo a dritta, rotta nordovest una quarta ovest. Cerchiamo di serrare le distanze più in fretta che possiamo; se stringiamo il vento un po' meno di loro dovremmo riuscirci".
"Aye aye, signore!"
Mentre il tenente Andrews col megafono dava gli ordini per chiamare gli uomini ai posti di manovra, i marinai saltavano fuori da ogni dove per precipitarsi alle scotte e ai bracci e il ponte dell'Agamennon si popolò dal nulla come una foresta incantata.
"Vieni a dritta!" ordinò il tenente al timoniere, sporgendosi dalla balaustra. "Rotta nord ovest una quarta ovest!" e subito dopo, rivolgendosi ai marinai in coperta che aspettavano in gruppi di silenzio: "Mollate i bracci di dritta! Cazzate i bracci di sinistra!".
E poi: "A segno le scotte!"
Man mano che la nave ruotava su se stessa per assumere la nuova rotta, anche i pennoni ruotavano nel buio con un cigolio sommesso mentre il vento cominciava a soffiare più forte e i cavi si tendevano piano come redini di un cavallo che si lancia al galoppo.
Adesso l'Agamennon era praticamente sulla rotta delle navi misteriose. Una drizza cominciò a picchiare sull'albero di mezzana, al ritmo imposto dal vento. "Signor Andrews, fate suonare il posto di combattimento, ma non date ancora fuori i cannoni"
ordinò Nelson senza alzare la voce. Se quelle navi erano napoletane o piemontesi mostrare i denti anzitempo poteva essere imbarazzante per non dire pericoloso. Se erano francesi, però, farsi cogliere impreparati era semplicemente criminale.
Il cupo rullio dei tamburi si alzò nella notte e come il fumo dei cannoni durante la battaglia invase e allagò l'Agamennon, scese le scalette che univano l'uno all'altro i ponti della nave, si infilò tra le amache in cui dormivano gli uomini, penetrò fin nei meandri più profondi e nascosti del vascello, dove quel suono carico di minaccia arrivava solo come un tuono lontano. Gli uomini alzavano la testa, scuotevano il capo, imprecavano assonnati qualche terribile bestemmia e si buttavano giù dalle amache appese fitte ai bagli della nave, urtandosi e spingendosi a vicenda. Dicono che un formicaio sia in realtà un solo animale, diviso e rifratto in innumerevoli animaletti. Proprio così, come se fossero parti un solo essere vivente, ciascuno di quegli uomini si mise a lavorare secondo schemi così intimi da poter essere ripetuti anche nel buio più completo, con gesti automatici e veloci: giù, giù svelti le amache, sabbia bagnata sparsa sui ponti, i mozzi che corrono a portare i cartocci di primo impiego ai pezzi, le paratie delle cabine abbattute in fretta, la pancia materna della buona vecchia Eggs-and-bacon, come i marnai chiamavano amorosamente l'Agamennon, trasformata in un solo grande spazio per dare e ricevere morte.
Dal ponte di poppa questa frenetica attività si percepiva solo confusamente: dopo cinque minuti tutto tacque. Gli ufficiali rimasero in piedi ad aspettare gli eventi. Il capitano di vascello Horatio Nelson aveva solo 34 anni. Magro, sottile, non molto alto, un volto quasi da bambino cresciuto troppo in fretta, profilo vagamente triangolare e mento troppo piccolo, capelli chiari, si stringeva infreddolito nella giacca d'ordinanza. Oltre ad Andrews si erano materializzati dal nulla i tenenti Ash e Hepburne, il dottor Roxburgh e il signor Fellows, che era il commissario di bordo. Immobili fianco a fianco nelle loro uniformi blu e bianche gli ufficiali formavano una macchia di silenzio ancora più profondo di quello della notte, rotto solo dal ruscellare dell'onda di prua e dal basso ronzio delle sartie. Mentre l'Agamennon cominciava a recuperare lentamente terreno sulle navi sconosciute che risalivano di bolina, gli uomini attenti e muti guardavano sopravvento per interpretare da qualche segno cosa sarebbe stato di loro.
Nelson rabbrividì; tutto sommato avrebbe fatto meglio a mettersi la giacca più pesante, pensò. Avrebbe mandato Tom a prenderla.
Le navi misteriose erano illuminate in pieno dalla luce della luna come cinque isolotti in fila lungo l'orizzonte.
"Non tengono la rotta molto bene" commentò a un certo punto Nelson, e i suoi ufficiali assentirono.
"È una bella fortuna che la luna nasconda l'Agamennon agli occhi delle loro vedette" aggiunse il tenente Andrews. "Fino ad adesso almeno" aggiunse precipitosamente col tono di chi si sia pentito di quello che ha appena detto.
Come se qualcuno laggiù lo avesse sentito